Relazione Tossica: come riconoscerla

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Abbiamo tutti sentito parlare di relazioni tossiche, un modo piuttosto comune di riferirsi a quelle relazioni dannose che tendono a prolungarsi nel tempo nonostante i loro effetti nocivi sulle parti coinvolte.

In realtà, nell’ambito della psicologia ci riferiamo a questi tipi di relazioni dannose con l’espressione “relazioni disfunzionali”. Vediamo assieme quali sono le caratteristiche che accomunano le relazioni tossiche.

Relazione tossica: significato

Ma che cosa è veramente una relazione tossica?

Una relazione è considerata tossica quando sta causando danno o disagio a una o entrambe le parti della coppia. Si tratta di relazioni distruttive da cui è difficile uscire a causa della dipendenza emotiva che si viene a formare tra i due partner.

Un sentimento determinante in questo tipo di relazione è il costante malessere. Ma, mentre in altre situazioni tendiamo a sfuggire alla sofferenza, quando si tratta di relazioni tossiche non è sempre facile identificare il disagio e liberarsene, sia perché è spesso sottile e/o graduale, sia per paura. In ogni caso, questo tipo di relazioni malate finiscono sempre per distruggere la nostra autostima.

Come capire se una relazione è tossica

Per capire cos’è una relazione disfunzionale, dobbiamo prima capire come differisce da una relazione sana o funzionale.

Relazioni funzionali

Fondamentalmente, in una relazione funzionale, le persone coinvolte si muovono in un ambiente emotivamente sicuro e hanno rispetto per la privacy del proprio spazio e di quello dell’altra persona.

Le persone coinvolte in una relazione sana si sentono in grado di soddisfare i bisogni dell’altro, mantengono un equilibrio tra conferma e differenziazione, cioè tra le cose su cui sono d’accordo, ma senza mai perdere di vista ciò che non piace loro. In poche parole, le relazioni sane si basano su rispetto, responsabilità, assertività e resilienza.

Le sfide e le delusioni sono accettate senza perdere l’impegno nella relazione, c’è sostegno reciproco, cura e accettazione dell’individualità e degli obiettivi personali del partner.

C’è anche un ascolto attivo, rispettando i punti di vista dell’altro, anche se sono opposti ai propri. Le relazioni funzionali permettono alle persone di crescere e cambiare e si basano su un impegno di fiducia, libertà e apprezzamento reciproco.

Relazioni disfunzionali

Le relazioni possono essere disfunzionali per diverse ragioni, ma indipendentemente dalla causa, ci sono alcuni fattori di base che rendono una relazione malsana.

In generale, e contrariamente a quanto accade in una relazione sana, le relazioni tossiche generano un ambiente di insicurezza e instabilità emotiva per le parti coinvolte. Questo tipo di relazione non è resiliente, cioè non tollera bene i cambiamenti, né c’è di solito rispetto, né della privacy tantomeno delle opinioni e desideri personali del partner.

La gelosia, i sentimenti di possesso e una certa tendenza al risentimento appaiono spesso nel partner dominante mentre nel partner sottomesso si riscontrano spesso sentimenti di colpa, rabbia o vergogna.

Come regola generale, questo tipo di relazione non si basa sulla cooperazione, ma sulla dicotomia: perdente-vincitore o dominazione-sottomissione.

Una altra caratteristica delle relazioni tossiche è che la capacità di comunicare assertivamente è fortemente limitata. In generale, si tratta di relazioni “malate” in cui l’attaccamento non è sano e i cui meccanismi di funzionamento sono danneggiati e basati su potere, ricatto, aggressione o altri comportamenti disfunzionali.

I segnali che si tratta di una relazione tossica

  1. È una relazione che ti impedisce di andare avanti. Lui/lei sottolinea costantemente ciò che non hai fatto bene, mentre il positivo viene ignorato e/o sminuito.
  2. Ti ricorda costantemente tutto quello che fa per te e, sottilmente o apertamente, ti manda il messaggio che tu non saresti nulla senza di lui/lei.
  3. Usa il ricatto emotivo per ottenere ciò che vuole
  4. Esercita il controllo su di te: cerca di controllare le tue spese, come ti vesti, chi incontri, ecc. E pianifica la tua vita senza chiedere la tua opinione.
  5. Ti confronta con i suoi partner precedenti, facendoti vedere che erano migliori di te.
  6. È una relazione basata sulla mancanza di rispetto: ti interroga o ti rimprovera sia in pubblico che in privato. Insulti e discussioni sono molto frequenti.
  7. Critica i tuoi amici e cerca di farti passare meno tempo possibile con loro.
  8. La gelosia è spesso presente e diffida delle persone che si associano a te. Tende a controllare il tuo cellulare, il tuo Whatsapp, …

I vari tipi di relazione tossica

In realtà, non esiste uno schema chiuso quando si parla di relazioni tossiche, infatti, anche nelle relazioni sane, ci possono essere momenti in cui si attivano alcuni meccanismi disfunzionali. Il vero problema sorge quando questi comportamenti vengono interiorizzati e diventano la base del legame tra le parti coinvolte nella relazione. Ma possiamo esemplificare alcuni di questi meccanismi e, tra i più comuni, ci sono:

  • La relazione di co-dipendenza: entrambi i partner sono passivi, emotivamente dipendenti l’uno dall’altro. I bisogni individuali si perdono, i partner hanno bisogno dell’approvazione dell’altro per compiere qualsiasi azione. È un tipo di relazione che genererà disagio e infelicità da entrambe le parti a medio e lungo termine.
  • La relazione ancorata al passato: si instaura quando si inizia una relazione senza aver superato una relazione precedente. Quando questo accade, si interpreta il nuovo partner alla luce del partner precedente, ricordando esperienze di quella relazione per capire e/o giustificare quella attuale.
  • La relazione di riempimento: come indica la parola, la relazione compie uno scopo principale, che è quello di riempire il vuoto che la persona sente. Tuttavia, una relazione non è fatta per completare qualcosa, ma per complementare qualcosa.
  • La relazione basata sulla manipolazione: in questo tipo di relazione, una delle parti utilizza la paura o la debolezza dell’altro per ottenere un beneficio. In molti casi, il senso di colpa, la paura dell’abbandono o la paura di una discussione da evitare a tutti i costi modifica il comportamento di uno dei partner, nonostante contraddica i propri desideri, emozioni o volontà. Generalmente, la parte dominante mantiene una forte tendenza ad esercitare il ricatto emotivo, e la mancanza di chiarezza nel suo comportamento mantiene l’altra parte in una grande incertezza. Questa dinamica mina completamente i pilastri di una relazione sana, che dovrebbe essere basata sul rispetto dell’individualità e sulla collaborazione e condivisione di punti di vista diversi.
  • La relazione in cui la menzogna è presente in modo regolare: una relazione deve essere basata sulla fiducia. Omettere, nascondere, crea solo barriere, dubbi e conflitti.
  • La relazione basata sulla paura: quando c’è un maltrattamento fisico e/o psicologico, la paura invade la persona che lo subisce, annullando ogni possibilità di fuga o di ricerca di soluzioni. Questo tipo di relazione è il più tossico e pericoloso. Ma, purtroppo, i dati sugli abusi e la violenza in tutti i tipi di relazioni (coppia, famiglia, ecc.) mostrano che l’aggressività e la violenza, sia fisica che psicologica, sono all’ordine del giorno. Che si tratti di paura causata da minacce, paura di rappresaglie o di violenza diretta (verbale, psicologica o fisica), le relazioni basate sulla paura sono completamente disfunzionali. In questo tipo di relazione, l’abuso, la gelosia, l’aggressione, la manipolazione e le bugie sono comuni. Invece, una relazione sana ci fa sentire sicuri e, anche nelle incertezze della vita, ci offre uno spazio di tranquillità e stabilità.
  • La relazione idealizzata: quando le cose non vengono discusse e chiarite, possiamo generare aspettative che non sono conformi alla realtà e questo può portarci ad aspettarci dall’altra persona cose che non sono realistiche. Il ricatto o l’aggressione sono pericolosi tanto quanto l’idealizzazione delle persone o della relazione stessa. Le aspettative irrealistiche possono giocare brutti scherzi e trasformare una relazione in qualcosa di molto dannoso. Affinché una relazione sia sana, le persone coinvolte devono accettare i limiti o le mancanze dell’altra parte, senza che questo implichi una svalutazione della persona o della relazione. Si tratta di costruire, sostenersi e completarsi a vicenda e sentire che la relazione è un’opportunità di crescita e cambiamento. L’idealizzazione, invece, porterà sempre alla delusione, al rimprovero, alla colpa ed a un legame fragile che, col tempo, può danneggiare noi e l’altro.
  • La relazione basata sul controllo: È quando una parte cerca di controllare l’altra, con qualsiasi mezzo. Dalle forme sottili a quelle esplicite di controllo, questa strategia è profondamente disfunzionale. Gelosia, invasione della privacy altrui, inganni di qualsiasi natura per far sì che l’altro agisca secondo le nostre aspettative. Una relazione sana si basa su qualcosa di molto diverso: sulla libertà di scelta, sulla lealtà, sulla fiducia e sull’accettare che l’altra persona sia un essere indipendente, con desideri e pensieri propri.
  • La relazione in cui la mancanza di rispetto è normalizzata: Molto simili alle relazioni basate sulla paura, esistono anche relazioni in cui la mancanza di rispetto diventa una costante. Se ci permettiamo sistematicamente di mancare di rispetto al partner, o se ci permettiamo di superare certi limiti, la relazione comincerà a prendere una spirale negativa.
  • La relazione di potere: uno conduce, controlla, decide e l’altro si accomoda e si comporta in modo sottomesso. Mentre una relazione sana si basa sulla cooperazione e un’equa distribuzione delle responsabilità, nelle relazioni tossiche spesso uno dei partner assume il ruolo di vincitore o perdente, di ostentazione del potere o sottomissione ad esso. Non importa se stiamo parlando di una relazione di coppia, o di una relazione genitori-figli, o di una relazione amicale o lavorativa: se non c’è collaborazione e l’unica cosa evidente è la competizione, i meccanismi disfunzionali si metteranno in moto.
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Perché restiamo invischiati in relazioni tossiche?

Tendiamo ad entrare in questo tipo di relazioni perché sono modelli che già “conosciamo” nel nostro inconscio. Sembra che ci facciano ripetere vecchi ruoli e schemi comportamentali, rivivere situazioni che non sono state risolte in passato, e cercare di risolvere cose che non sono state concluse.

Le cause sono varie e uniche per ogni persona, forse ripetiamo ciò che abbiamo già vissuto nell’infanzia, forse idealizziamo le persone che ci ricordano qualcuno del passato. Le possibilità sono molte e dovrebbero essere analizzate attentamente in terapia per riconoscerle ed affrontarle.

L’idea comunque è spesso quella di tornare alla zona di comfort dell’inconscio, che si è formata attraverso le nostre esperienze, anche se questa zona di comfort non ci fa sentire bene.

Sia come sia, se cadiamo in una relazione tossica, è perché quella persona è riuscita ad “ancorarsi” ad alcuni dei nostri bisogni inconsci, ed è per questo che ci aggrappiamo a loro così saldamente.

Relazioni tossiche: perchè durano tanto?

Ad un osservatore esterno sembra strano che una persona voglia continuare a stare in una relazione tossica, tuttavia succede ed è purtroppo un fatto molto comune.

Il fatto che alcune persone restino ad oltranza in relazioni tossiche è dovuto a una serie di cause che variano da problemi di autostima, alla dipendenza affettiva, ad un trauma non risolto, insicurezze, paura.

Per esempio, una persona può aver subito un trauma che le fa sentire di meritare di essere trattata in questo modo.

Inoltre, a volte è difficile porre fine a una relazione che è fisicamente, psicologicamente o emotivamente abusiva a causa della presenza della paura.

Quindi, è una combinazione di fattori che ci fanno rimanere in una relazione tossica. Tuttavia, dovete sapere che avete sempre la possibilità di uscirne e non accontentarvi di niente di meno di quello che meritate.

La paura del cambiamento

Ogni rottura implica una perdita e quando parlo di perdita mi riferisco alla perdita di alcune abitudini. La paura del cambiamento si impossessa di noi, ci sentiamo insicuri sul futuro che ci aspetta.

La formazione dell’abitudine è un prezioso meccanismo di adattamento che semplifica la nostra vita. La ripetizione delle azioni che modellano il nostro comportamento ci permette di risparmiare tempo e di concentrarci sulle attività più complesse, che richiedono l’uso del nostro pensiero. Il cambiamento ci fa sentire a disagio, infastiditi.

E quando una relazione finisce, molte cose tendono a cambiare nella nostra vita, dalla più radicale, che di solito è cambiare il luogo di residenza, a qualsiasi altra abitudine, come dormire in un altro letto, non condividere la colazione, o non guardare la TV insieme. 

È logico che questa situazione ci destabilizzi per un po’. Ma cosa succede se rimaniamo in una relazione malsana o ci aggrappiamo a una persona che non ci ama, senza accettare una rottura? Se non affrontiamo la cosa di petto, non andremo mai avanti.

La paura della solitudine, una delle cause più comuni

Se si vuole capire perché stiamo ancora in una relazione tossica dobbiamo fare un esercizio di introspezione e sincerità. Uno dei motivi per cui non terminiamo la relazione può essere semplicemente perché abbiamo paura della solitudine. 

Quando il nostro partner decide di lasciarci, siamo assaliti dalla paura della solitudine, di non avere qualcuno che ci protegga, di perdere ciò che “ci appartiene”.

Si tratta di bisogni fondamentali o primari, che sorgono poco dopo la nascita e sono la base dell’autocoscienza del bambino. Sono normalisismi bisogni di sicurezza, protezione e accettazione sociale. Durante i primi due anni di vita, il bambino è fuso con il suo ambiente, come se fosse un tutt’uno con ciò che lo circonda, compresi gli oggetti a cui ha accesso e che sente appartenergli. Il bambino non può lasciare i suoi giocattoli, separarsi dalla madre, uscire in luoghi sconosciuti, perché questo gli crea una grande ansia. In un mondo che gli è ancora estraneo e dal quale non riesce a riconoscersi come diverso, comincia a formarsi un’idea attraverso ciò che gli è più vicino.

Non è prima dei tre anni che il bambino comincia a percepirsi come un’entità indipendente, con le sue proprie necessità e qualità, e richiede un diverso tipo di trattamento.  L’autostima comincia a formarsi nel bambino, spontaneamente, in base alle valutazioni degli altri. Il bambino prima diventa consapevole degli altri e solo dopo diventa consapevole di se stesso. Ecco perché è molto importante per lui, in questa fase, il riconoscimento e l’approvazione altrui. Tra i quattro e i sei anni, il bambino forma la propria identità a partire dalle cose, dalle persone e dalle situazioni che lo circondano: “Questo è mio”, “Questo è quello che sono”, “Questa è la mia famiglia”, “Questa è la mia mamma”, ecc.

Questo dà al bambino uno status sociale, nella misura in cui esiste psicologicamente in relazione agli altri. Man mano che la sua posizione si consolida e la sua autostima si rafforza, il bambino comincia a sviluppare, tra i sei e i dodici anni, le capacità di risolvere i problemi della vita in modo razionale ed efficace, permettendo un maggiore adattamento e indipendenza. 

Ci si aspetta che dall’adolescenza in poi, una sana autostima permetta al bambino di passare alla fase di ciò che lo psicologo americano G. Allport chiama “sforzo autonomo”, dove sarà in grado di fissare obiettivi, ideali, piani e richieste. Il culmine della lotta per il sé sarebbe, secondo questo autore, la capacità di dire “Sono il padrone della mia vita”. 

 Ogni difficoltà nella maturazione del sé, mantiene la persona bloccata in stadi infantili, alla ricerca di sostituti delle prime figure genitoriali, per soddisfare i bisogni di protezione e accettazione che non è ancora riuscita a trascendere.  Naturalmente, la persona non è da biasimare per questa mancanza di maturità psicologica, che dipende, fondamentalmente, da fattori educativi, la cui origine risiede nella mancanza di risorse psicologiche che gli adulti hanno per affrontare questi primi bisogni del bambino. 

Atmosfere iperprotettive, autoritarie, respingenti, repressive, umilianti, formano il nucleo inconscio dello stile di vita di un futuro adulto insicuro, dipendente, che identifica l’affetto con il possesso.

Paura della perdita

Un’altra ragione per cui rimaniamo in una relazione tossica è spesso la paura della perdita. Ci identifichiamo con ciò che abbiamo, con ciò che crediamo di possedere, come un bambino prima dei tre anni.  

Il bambino ha difficoltà a lasciare andare ciò che lo circonda perché vi trova la propria identità. È un egocentrismo naturale nella prima infanzia, ma dannoso nell’età adulta. Freud ha definito questo fenomeno “fissazione”. Non voler lasciare andare ció che ci é familiare implica un bisogno di proteggersi dall’insicurezza, la paura di non essere amati o accettati, un’identificazione del nostro sé negli altri. 

Finché non ci evolviamo verso bisogni superiori, continueremo a dipendere dagli altri per soddisfare i nostri bisogni psicologici di base, cioè protezione, appartenenza e autostima, secondo la piramide dei bisogni proposta dallo psicologo A. Maslow.

Bisogni narcisistici

Tutti abbiamo bisogno di sentirci amati, di essere lodati, di essere visti come speciali. Tuttavia, alcune persone portano questi bisogni all’estremo. Ricordiamo che la persona tossica non si presenta come tale, ma gioca un gioco di seduzione molto intenso, in cui fa sentire l’altra persona “unica al mondo”. 

Se la persona ha questi bisogni narcisistici, sarà affascinata dalla sensazione di essere così speciale per qualcuno, e tornerà a quei ricordi dell’inizio della relazione anche se la persona tossica è già cambiata completamente e ora la guarda dall’alto in basso.

Bisogno di un legame

Sentirsi accuditi, protetti, sicuri, sostenuti nei momenti brutti e accompagnati in quelli belli, questi sono bisogni di legame che possono farci cadere nella trappola di continuare una relazione con un partner tossico. Non è che la persona soddisfi queste aspettative al 100%, ma almeno c’è una relazione. Negativa, ma c’è.  

Anche la gelosia e il dominio da parte dell’altro possono essere interpretati come “forza” che ci proteggerà dal pericolo. È la paura che nessuno lo farà, che nessuno sarà lì a prendersi cura di noi e a proteggerci, che mantiene la coppia assieme. 

La persona può essere molto felice con se stessa, a differenza di quella che ha paura della solitudine, ma il rifiuto, riconoscendolo sia internamente che socialmente, la travolge e la angoscia profondamente. Anche “l’atto di abbandono” lo disturba, forse perché nell’infanzia si sentiva così e anche se ora non lo ricorda, il suo inconscio potrebbe farlo. Questa paura è strettamente legata ai bisogni narcisistici e di legame.

Seguire il copione

Questa parte può essere più complessa da capire. A volte ci ostiniamo a seguire il copione che i nostri genitori, la società, o gli amici ci impongono.  Spesso sposarsi o avere figli, sono copioni e obiettivi impliciti che dobbiamo seguire a causa della tradizione o dell’identificazione con le aspettative sociali, spesso senza considerare se ne vale la pena o se è davvero ciò che vogliamo.

Dipendenza emotiva

Non è strano che parlando di relazioni tossiche, si parli di dipendenza emotiva. La persona dipendente ha bisogno degli altri per fare quelle cose che non può fare da sola perché non si fida di se stessa e dei suoi criteri, ha bisogno dell’opinione e dell’approvazione per ogni passo che fa. Ha bisogno che gli altri la facciano sentire bene perché si sottovaluta e sminuisce; avere una bassa autostima, la rende capace di sopportare l’umiliazione pur di mantenere il legame. 

Il dipendente è molto labile emotivamente, e può far disperare la persona che gli sta accanto con le costanti richieste di affetto e di attenzione di cui ha bisogno. Se un dipendente emotivo è abbastanza sfortunato da cadere con una persona tossica, passerà un brutto periodo. 

Entrambi cadranno in una rete di manipolazioni emotive, il dipendente attraverso la tristezza, la rabbia e la supplica per ottenere attenzione e mantenere la relazione, e la persona tossica attraverso la necessitá di umiliare il partner per mantenere il controllo.

Accettare la fine della relazione

Qualche tempo fa ho letto un libro di auto-aiuto intitolato It´s called a Breakup because it´s broken”, (tradotto in italiano da Salani, con il titolo “Inutile piangere sul cuore spezzato” ) dei coniugi Behrendt, consulenti della serie americana Sex and the City.

 Il libro ha un approcio interessante, perché esorta ad abbandonare le speranze di tornare insieme dopo una rottura. Spesso ci inventiamo tutta una serie di giustificazioni e scuse per evitare di intraprendere progetti di cambiamento personale, o per evitare di accettare che, se si decide di rompere una relazione, probabilmente abbiamo avuto abbastanza tempo per pensarci.

É difficile accettare che le relazioni finiscono perché qualcosa ha smesso di funzionare, o non ha mai funzionato. L’illusione che quel qualcosa possa cambiare, rende un “piano di riconquista” molto frustrante, mettendoci in una situazione poco dignitosa e umiliante.

Assediamo la persona amata, le piangiamo di fronte, la supplichiamo di tornare, con la segreta speranza che la decisione venga riconsiderata. Una relazione non funzionerà mai se uno dei partner non ha la motivazione per stare insieme. Una relazione implica la comunicazione tra due persone.

Entrambi devono metterci uguale impegno. Se uno dei due non è motivato a farlo, la relazione cessa di avere senso, cessa di avere un futuro.  Se uno dei due non vuole più stare insieme, è meglio continuare il cammino separatamente. Se una relazione si rompe, accetta che sia finita, non sentirti in colpa.

È un ciclo che si è concluso, una tappa della vita. È un’opportunità per scoprire cosa c’è di sbagliato in noi e riconciliarci con noi stessi. È un’opportunità per imparare a camminare da soli. Come detto sopra, la relazione affettiva che stabiliamo con i nostri genitori nell’infanzia segna la nostra vita futura. È per questo che tendiamo a cercare dei partner che riproducano il nostro modo di comunicare e soddisfino i bisogni della nostra infanzia. Ció significa anche che quando qualcuno tende ad innamorarsi di persone che finiscono per disprezzarle o abbandonarle, probabilmente è perché sta ripetendo la relazione che ha avuto in passato con i genitori.

Quello é l´unico tipo di amore che abbiamo conosciuto, e quello é ció che andremo a cercare nelle nostre relazioni da adulti. Per esempio, se siamo stati bambini abbandonati o rifiutati dai nostri genitori, interpretiamo questo comportamento come amore. Il bambino ha bisogno di sentire che i suoi genitori lo amano, quindi il sentimento di abbandono viene interpretato come una forma di amore.

La convinzione è che la persona che lo abbandona, in fondo, lo ama. Questa idea può portare a non accettare la rottura come espressione che l’amore è finito. Al contrario, diventa una scusa per nutrire false speranze. La persona si sente “amata” in questo modo, e insiste nel darsi un falso senso di benessere. 

Alcuni libri di auto-aiuto si concentrano sul dare raccomandazioni pratiche per superare la rottura, senza dare spiegazioni psicologiche profonde. É invece fondamentale cercare di capire il perché continuiamo a metterci in relazioni sbagliate, se veramente vogliamo capire come uscire da una relazione tossica.

Perché è difficile dimenticare una relazione tossica

Piangere, supplicare, correre dietro alla persona che ti rifiuta, non importa quali siano le conseguenze, può sembrare un segno d’amore. Ma davvero lo fai per amore? No, lo fai semplicemente perché perdere è difficile.

L’ego resiste al rifiuto.  Il ciclo può ripetersi più e più volte. Non è che questa persona ti ha spezzato il cuore perché la ami troppo, è che ti sei sentito un perdente ed è questo che fa veramente male. Ci hanno insegnato a competere. Voler essere sempre il migliore è un bisogno insaziabile di accettazione. 

L’educazione tradizionale ci prepara per un mondo competitivo, ma non ci prepara ad essere noi stessi. Impone modelli a cui dovremmo assomigliare o superare, ma non ci accetta così come siamo. Invece di concentrarti sul fatto che tu esca sconfitto o vittorioso da una relazione, dovresti chiederti quanto hai imparato da quella relazione, quanto intensamente l’hai vissuta, quanto benessere abbiamo apportato all’altra persona, quanto ti sei permesso di essere autentico.

Iniziare subito un’altra relazione: NO

Una delle raccomandazioni più comunemente sentite è quella di cercare di superare una rottura cercando un partner sostitutivo. Cercare immediatamente un nuovo partner per sostituire quello precedente significa rafforzare l’idea che non puoi stare bene da sola. 

Aggrapparsi all’altro come sostegno, per dare un senso alla propria vita, significa deresponsabilizzarsi. Rendere qualcun altro responsabile della tua felicitá è un segno che non sai chi sei e cosa vuoi veramente. Assumere la responsabilitá del proprio benessere é invece una caratteristica fondamentale della maturitá.

Amare se stessi per uscire da una relazione tossica

Non si tratta di ignorare i propri errori, giustificare i propri capricci, mettere i propri bisogni prima di quelli degli altri e diventare un narcisista. Amare se stessi significa assumersi la responsabilità delle proprie azioni, non essere troppo accondiscendenti con se stessi, ma non essere neanche troppo esigenti. Amare se stessi significa sentirsi completi nella solitudine. Senza bisogno di nessun altro. 

Saremo pronti a vivere insieme come coppia solo se siamo disposti a imparare, ad arricchirci emotivamente e intellettualmente, senza mentire al partner o a noi stessi. Esprimendo direttamente i nostri bisogni, emozioni e pensieri, senza cercare l’accettazione a qualsiasi costo e senza paura dell’abbandono.

Non sei sicura che si tratti di una relazione tossica? Fai il test e scoprilo subito.

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